Alpinismo

Quattro ragazzi indiani conquistano due vette inviolate dello Zanskar

Spregiudicati, creativi ma soprattutto ben preparati. Un gruppo di giovani indiani ha saputo fare buon viso a cattiva sorte ribaltando sul posto i piani originari. In premio due cime senza nome tutte per loro

Il Ladakh continua a far parlare di sé: dopo la nuova via sul Jamyang Ri e con la squadra italiana di cui fa parte Francesco Ratti in azione nella Miyar Valley, è la volta di quattro amici provenienti da varie parti dell’India, arrivati nella regione dello Zanskar per arrampicare.

Il loro primo obiettivo era quello di scalare l’Ubarak Kangri, vicino al villaggio di Padum, ma il caso ha voluto che raggiungessero la vetta di due cime senza nome, molto probabilmente mai scalate prima.
Lontani da riflettori, professionismo e sponsor i quattro sono semplicemente un gruppo di ragazzi che sono saliti sulle loro montagne dl loro Paese per scoprire i propri limiti, affinare le loro capacità e imparare a decidere per sé stessi. La guida di montagna Tashi Phunchok, 34 anni, è nato e cresciuto in Zanskar, e ha capitanato il gruppo essendo il più anziano ed esperto. Gli altri tre scalatori sono tutti ventenni: Harsh e Kanishk originari di Manali, nell’Himachal Pradesh, e Kaushik di Bangalore.

I quattro hanno piazzato il campo base dopo aver trasportato tutto il loro materiale per 100 km, alternando tratti a piedi e brevi settori in 4×4. “Harsh, Kanishk e io siamo entrati in Zanskar attraversando il passo di Kang La (5450 m) a piedi. Ci hanno detto che era la prima volta in molti anni che questo passo, tentato raramente, è stato attraversato con successo”, ha scritto Kaushik nel report della spedizione.
Una volta incontrato Tashi nel villaggio di Padum, il 14 agosto i quattro hanno iniziato le loro attività alpinistiche. Sfortunatamente, la cresta Nord-Est dell’Ubarak Kangri non era in condizioni: “Almeno 1500 m di arrampicata mista esposta e scarsamente proteggibile. La tenteremo in futuro”.

L’estemporanea decisione di ricorrere a un piano B

I quattro alpinisti hanno però notato due cime: “senza nome, mai scalate prima. La prima era coperta di neve e ghiaccio, la seconda era rocciosa” ha continuato Kaushik. Gli alpinisti, a torto, pensavano che questa seconda vetta potesse rappresentare una via alternativa all’Ubarak Kangri, il loro primo obiettivo. “Il punto più duro della montagna è un ripido muro di ghiaccio (60-80°) che era possibile scalare in sicurezza solo quando era in ombra. Il ghiaccio era stratificato e i fragili livelli superficiali dovevano essere puliti prima di scoprire il ghiaccio blu sul fondo. Inoltre, l’avvicinamento alla parete era molto pericoloso a causa della frequente caduta di rocce”.
I quattro sono saliti in cordata, con Tashi ad aprire la via piazzando le protezioni e Harsh che attrezzava le corde fisse per gli altri due. Ad un certo punto della salita Kaushik è stato colpito da un grosso blocco di ghiaccio, che ha spezzato il suo casco, fortunatamente senza conseguenze peggiori.
Più o meno in quel frangente gli alpinisti si sono resi conto che salire l’Ubarak Kangri da questa via avrebbe richiesto moltissimo tempo, 10 o 15 giorni, a causa di salti di roccia che avrebbero richiesto calate in corda doppia e aumentato il dislivello da scalare in salita. Hanno quindi optato per due cime che vedevano ergersi di fronte a loro, sulla sommità della parete ghiacciata.

Le due “nuove” vette raggiunte nello stesso giorno

Entrambe le vette sono state raggiunte nella stessa giornata. La prima è stata battezzata con il nome Shakti Kangri (5700 m) e la seconda Mukti Kangri (5800-5900 m). Il primo nome si riferisce all’energia cosmica femminile che si trova in ciascuno di noi, il secondo significa invece “liberazione” nel senso buddista.
Sulla via del ritorno è stato necessario bivaccare a 5.500 metri per poi tornare al campo base rimuovendo il materiale degli altri campi. “Avevamo un carico di 25-40 kg a testa in discesa con l’attrezzatura, il gas per cucinare, il cibo e la spazzatura. Non abbiamo lasciato niente, neanche un pezzetto di plastica, sulle nostre montagne” ha concluso Kaushik.

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